22.3.11

La grottesca



Grottésco. Da gròtta. Si disse in origine degli arabeschi, a imitazione di quelli che sono stati trovati negli edifici antichi seppelitti sotto terra, e cioè nelle cripte o grotte antiche, specialmente nella esumazione delle terme di Tito a Roma. Per estensione dalla idea di fantastico, irregolare, che è nel significato precedente si applicò alle figure, che fano ridere offendendo o contraffacendo la natura in una maniera bizzarra, ed è divenuto sinonimo di Ridicolo, Bizzarro, Stravagante.
Deriv. Grottéscaína, Grottescàto, Grottéscamente (Francesco Bonomi, Dizionario Etimologico della Lingua Italiana, 2004-8).

Marco da Faenza, Decorazione grottesca, fresco detail, 16th century. Palazzo Vecchio, Florence (Ugo Muccini and Alessandro Cecchi: Le Stanze del Principe in Palazzo Vecchio, via florenceart.net).

GROTTESCA. Tipo di decorazione (a fresco o a stucco) che interpreta liberamente temi ispirati all’antichità classica e propriamente alle raffigurazioni parietali come: sfingi, arpie, mascheroni, prospettive architettoniche, paesaggi. Il suo uso si diffonde nel Rinascimento parallelamente alla riscoperta dell’antico dovuto agli innumerevoli ritrovamenti archeologici.
Il suo nome deriva da “grotte”, termine con il quale si designavano gli edifici semisepolti della Roma Imperiale (ad esempio la Domus Aurea neroniana) che gli artisti rinascimentali studiavano. Detta anche “raffaellesca” per l’uso che ne fece Giovanni da Udine (scuola di Raffaello) nelle Logge Vaticane. In epoca Neoclassica ebbe nuovo impulso con molti riferimenti alle decorazioni pompeiane.
Ne fecero largo uso. Luca Signorelli, il Pinturicchio, Filippo Lippi, Perino del Vaga, Vasari, A. Allori (Arteglobale).


Grottesca. Le grottesche sono un soggetto pittorico molto popolare a partire dal Cinquecento.
Il nome, come spiega Benvenuto Cellini nella sua autobiografia, deriva dalle grotte del colle Esquilino a Roma che altro non erano che i resti sotterranei della Domus aurea di Nerone, scoperti nel 1480 e divenuti immediatamente popolari tra i pittori dell'epoca che spesso vi si fecero calare per studiare le fantasiose pitture rinvenute. Tra questi vi furono il Pinturicchio, Raffaello, Giovanni da Udine, il Morto da Feltre, Bernardo Poccetti, Marco Palmezzano, Gaudenzio Ferrari e altri che in seguito diffusero questo stile.
Durante il Cinquecento, l'utilizzo di questo tipo di decorazione fu motivo di irritazione e disprezzo per molti teorici dell'arte, tra i quali il Vasari, che le definì "pitture licenziose e ridicole molto". Difatti non è difficile credere come le grottesche, caratterizzate dalla totale negazione dello spazio, dalla presenza di esseri ibridi e mostruosi e senza alcun riferimento intellettuale, siano state considerate opere di puro libertinaggio. Sono figurine esili ed estrose, che si fondono in decorazioni geometriche e naturalistiche, su uno sfondo in genere bianco o comunque monocromo. Le figure sono molto colorate e danno origine a cornici, effetti geometrici, intrecci e quant'altro, ma sempre mantenendo una certa levità e ariosità, per via del fatto che in genere i soggetti sono lasciati minuti, quasi calligrafici, sullo sfondo.
Vitruvio stesso, nell'antichità, condannò la moda di questi ornamenti ma allora, come nel Cinquecento, la loro diffusione fu inarrestabile.
Fasi storiche. Le grottesche erano utilizzate nell'antichità e dopo il ritrovamento di queste decorazione nella Domus Aurea di Nerone (1480), sotto pretesto della imitatio antiquitatis, vennero riproposte.
Pittori illustri come Filippino Lippi, il Pinturicchio, Amico Aspertini e il Sodoma furono tra i primi a utilizzare queste frivolezze antiche ma con rapidità: il pressappochismo con il quale questi artisti s'accostavano alla decorazione tradiva una certa smania di sfruttare il prestigio di un modello antico. Fu l'equipe di Raffaello Sanzio ad effettuare una vera e propria riforma di questo genere aumentando così il numero di richieste da parte dei committenti e arrivando inevitabilmente alla monotonia della pratica.
Giovanni da Udine, contrariamente a Morto da Feltre (che meritò questo appellativo, secondo il racconto delle Vite di Vasari, per aver trascorso più tempo sotto che sopra la terra, studiando e ricopiando i motivi ornamentali delle grottesche), diede vitalità e vivacità a questo genere, ponendo l'accento sugli aspetti più naturalistici ed eliminando le componenti più fantastiche e le inquietanti mostruosità pagane.
Con la fine del Manierismo non si estinse del tutto la grottesca. Il criticato ornamento si nascose per riapparire nel Seicento sotto forma di arabesco e chinoiserie.
Significato metaforico. La parola grottesco è passata poi a significare in italiano qualcosa di bizzarro e inconsueto, assumendo poi la connotazione di "ridicolo", ironizzante e caricaturale (Wikipedia).


La grottesca è un tipo di decorazione, utilizzato in pittura, scultura e arti minori, che si sviluppa alla fine del Quattrocento e deve il suo nome proprio alla sua singolare origine. Il termine era infatti nato per designare quanto fosse derivato dai dipinti che si potevano visionare a Roma attorno agli anni Ottanta del XV secolo nelle cosiddette "grotte", cioè gli ambienti della Domus Aurea neroniana sopravvissuti sotto il colle Oppio, accessibili solo attraverso cunicoli. L'impatto della scoperta della pittura romana antica in un ambiente culturalmente già ben predisposto al recupero dell'antico fu prorompente e stimolò non solo visite di artisti, come quelle descritteci dall'anonimo autore delle Antiquarie prospettiche romane, ma una gran mole di disegni per confrontarsi e imitare quella che era l'autentica decorazione pittorica antica. A questa prima fase seguì immediatamente l'acquisizione in pittura, soprattutto ad opera di artisti quali Pinturicchio, Perugino, Filippino Lippi, Luca Signorelli. Sino a quel momento il linguaggio artistico era riuscito a rielaborare delle forme che richiamassero l'antichità riproponendo soprattutto modelli classici ripresi dalla scultura, sarcofagi o rilievi architettonici come quelli ad esempio della Colonna Traiana, o dai materiali forniti dal collezionismo antiquariale, soprattutto monete, gemme. Tipico prodotto decorativo di questa cultura antichizzante era la candelabra a racemi arricchita con elementi del repertorio appena citato. Su questo terreno s'innesta la scoperta della pittura neroniana ed è per questo motivo che i primi tentativi di acquisizione risultano ancora ibridi con la cultura pittorica precedente. Il momento più importante di questa prima fase è sicuramente rappresentato dai due interventi della fine del primo decennio del Cinquecento di Pinturicchio nella decorazione della Libreria Piccolomini nel Duomo di Siena e nel soffitto del palazzo di Pandolfo Petrucci, sempre a Siena. In essi la grottesca, così come viene esplicitamente menzionata nel contratto del 1502 con il cardinale Piccolomini, non si limita ad essere una ripresa estemporanea di motivi, ma comprende l'adozione di un'intera struttura decorativa a scomparti geometrici, così come si vedevano nelle volte neroniane. In particolare una di esse, la Volta dorata , verrà letteralmente citata nel soffitto del palazzo di Pandolfo Petrucci. Altro aspetto rilevante di novità sarà l'acquisizione di quel ricco repertorio di mostri e figure fantastiche con quella vivacità cromatica che aveva colpito l'occhio dei primi osservatori.
Il secondo momento evolutivo sarà il confronto e l'acquisizione di tale genere da parte di Raffaello e la sua bottega, soprattutto nella persona di Giovanni da Udine, nelle imprese decorative dei palazzi vaticani a partire dal 1516. Il primo intervento sarà la stufetta del cardinal Bibbiena, con la ricreazione completa, volta e pareti, di un ambiente classico. Furono recuperati non solo i partiti classici, l'estrosità, ma anche la freschezza e vivacità di una pittura all'origine compendiaria e leggera, canonizzandola in un genere che verrà ulteriormente diffuso dopo la diaspora romana del 1527 in tutta Italia e non solo.
Dopo tale evento, tra i primi importanti interventi decorativi, nel quale tale genere pittorico ritorna ad assumere un ruolo fondamentale, si segnalano gli affreschi farnesiani di Castel Sant'Angelo a Roma, in particolare la Sala di Apollo: in essa infatti si definisce un nuovo tipo di grottesca, che avrà molto successo in seguito, con valore narrativo grazie all'inserimento di storielle mitologiche.
Alla metà del secolo la grottesca attirò l'attenzione di artisti e teorici per la possibilità, in realtà già manifestatasi nella decorazione di Pinturicchio nell'appartamento Borgia in Vaticano, di inserire nella sua rete di immagini bizzarre simboli di significati riposti, emblemi, geroglifici, imprese, allegorie, secondo la moda e il gusto del tempo. Oltre le affermazioni del Salviati, di Pirro Ligorio, del Lomazzo, si può ricordare come esempio significativo di tale tendenza la decorazione di Palazzo Farnese a Caprarola, eseguita in obbedienza al programma iconografico di Annibal Caro.
Un momento di crisi fondamentale arrivò dal confronto con la Controriforma: biasimata dal Gilio per la sua ridicola inverosimiglianza, fu definitivamente e aspramente condannata dal cardinal Gabriele Paleotti. Pur emarginata nel Seicento per il suo stretto legame con la bizzarria manierista, essa continuò a sopravvivere fino all'importante rinascita di fine settecento con Felice Giani e Liborio Coccetti a Roma, riprendendo lo studio sia di quella antica che di quella cinquecentesca, in uno spirito però neoclassico (Lucia Calzona, Rinascimento: le grottesche, Italica RAI Internazionale, 2001).


L'Art Grotesque. A la fin du XVème siècle, un jeune romain tomba dans un trou sur les pentes de l’Oppius (colline de Rome) et se retrouva dans une sorte de grotte couverte de peintures surprenantes... Les fresques ainsi découvertes inspirèrent un nouveau style de décoration plein de fantaisie que l’on baptisa « Grotesques ». Les célèbres artistes Domenico Ghirlandaio, Raphaël et Michel-Ange descendirent également et eurent à leur tour la révélation de ce qu’était l’art antique oublié. On pense que Raphaël s’en inspira quelque peu pour la réalisation des décors des fameuses "Loges du Vatican".
Ce mot « Grotesque » est donc apparu vers la fin du 15ème siècle, lors de la découverte de décors peints sur les murs de maisons romaines enterrées (semblables à des grottes), à Rome et dans la campagne romaine. La Domus Aurea ou Maison dorée – le palais de l’empereur Néron – est la plus connue et la plus spectaculaire de ces demeures. Les grotesques sont les décorations qui couvraient entièrement les murs des appartements de la Rome du 1er siècle avant J.C.
Ces décors, d'une incroyable élégance, se composent d’architectures illusionnistes, de scènes à personnages, de paysages, d’enroulements de feuillages qui remplacent les colonnes, de baldaquins composés d’enroulements de feuilles et de fleurs, de figures fantastiques mi-humaines, mi-animales, qui naissent des feuillages. Ces motifs non naturalistes, bizarres, furent critiqués par les tenants d’un art rationnel ou classique, qui préconisaient la réalité comme unique objet de l’art. L’art grotesque à connu dès sa redécouverte un grand succès, qui ne s’éteindra qu’au début du 19ème siècle.
Pendant toute la Renaissance italienne des artistes utiliseront ce style de décors, peints, dessinés ou sculptés.
Cette forme d'art, conservant ses caractéristiques premières, servit également pour décorer les plafonds et parties de mur dans lesquelles de grandes peintures ne pouvaient être déployées : ainsi pour les plafonds des escaliers du Palazzo Vecchio, et certains plafonds de la "Galerie des Offices" à Florence.
Quelques artistes célèbres ont pratiqué cette forme d’art :
- Pinturicchio, Raphaël et Giovanni da Udine la loggia du palais du Vatican (1517-1518)
- Bernardo Buontalenti dans la Grotta et la Griotticina della madama (1583) au jardin de Boboli du Palais Pitti des Médicis, à Florence
- Marco Marchetti au Palazzo Vecchio, Florence (1556-1557)
Ces décors ont été diffusés par des estampes dans toute l'Europe. Jacques Androuet du Cerceau fit connaître l’art grotesque en France (Antiochus).


Grotesques. À Florence, sur un plafond du Palazzo Vecchio, une femme, coiffée d'une fleur, se tient en équilibre sur une autre fleur. Elle porte sur son bras un voile, un manteau qui ressemble lui encore à une fleur.
En réalité la fleur qui la soutient est plantée dans un socle en pierre, duquel partent deux longs foulards reliés à un dais. Ce dais est soutenu par quatre êtres composés d'un torse de femme et d'un visage, sans autres membres. Ils ne reposent que sur de très fines tiges.
Reculons encore un peu. Au-dessus de ce dais, des angelots, un autre monstre, à droite des servantes, un feu, un autre dais, d'autres monstres ailés ou non, deux oiseaux au long cou peints sur un fond rouge pompéïen, un personnage dans un grand médaillon.
Dans le monde de l'art grotesque, tout est relié à tout, depuis ces membres humains et animaux assemblés au sein de corps monstrueux jusqu'à un vaste réseau d'êtres vivants, de végétaux et d'éléments architecturaux qui couvre la totalité du mur ou du plafond. Une scène en inclut elle-même d'autres. Sur les plafonds de la galerie des Offices, on verra des petits paysages, de faux tableaux classiques, des scènes de guerre ou d'amour : tandis que les Médicis accrochent sur les murs les plus grands chefs d'œuvre du monde connu, leurs décorateurs peignent sur les plafonds du couloir la parodie de ce musée.
Les lois de la gravité sont remises en cause : les créatures sans membres sont trop grosses pour être soutenues par les piliers filiformes, trop faibles pour soutenir le dais. La verticalité du dais et la position des personnages montrent toutefois qu'il y a toujours un haut et un bas, une force qui va de l'un vers l'autre et courbe les tissus suspendus. Les objets tomberaient s'ils n'étaient pas soutenus ; mais le support le plus infime suffit à les retenir. La pesanteur existe toujours mais n'obéit plus à un corpus de lois physiques cohérent.
Du coup il n'y a plus d'effet ni de cause. Les créatures sans membres soutiennent-elles le dais ou y sont-elles au contraire accrochées ? Dans ce vitrail d'Ecouen, pourquoi le satyre joue-t-il du cor ? Le monstre à la tête d'enfant qui tient un coquillage est-il une sirène dangereuse ou un ange gardien ?
Sur un fond uni blanc, les grotesques tracent un décor en deux dimensions sans aucune profondeur. C'est justement parce qu'on voit tout que la scène est aussi étrange : tout est devant nous et pourtant nous n'y comprenons rien. Dans ce monde transparent, nous ne pouvons pas imaginer quelque chose, derrière, qui puisse donner un sens au dispositif absurde du premier plan.
Les personnages et les objets sont disposés selon des axes horizontaux et verticaux, jamais en diagonale. Ils se répartissent dans une symétrie parfaite de part et d'autre de chaque côté d'un axe central. Ces moyens d'organisation rationnelle, appliqués avec exagération, sont pervertis de leur mission. Au lieu de produire du sens, ils servent à construire des carnavals aberrants.
Parfois, pourtant, l'observateur croit reconnaître une allusion mythologique, la représentation allégorique d'un sentiment moral ou le rappel d'un fait historique. Ces lectures sont toujours incertaines : le sens ne se dégage jamais complètement de la multitude des indices contradictoires. Les grotesques mettent à l'épreuve, stimulent et au bout du compte ridiculisent notre volonté de tout comprendre.
Ce monde fou prend son origine dans un incident infime. Vers 1480, un jeune habitant de Rome, du côté du Forum, tombe dans un trou qui donne sur une cavité étrange. Sur ses parois, les artistes de passage contemplent fascinés, à la lumière de la chandelle, des décors étourdissants de légèreté et d'invention, de folie contrôlée. C'est la Domus aurea, le palais gigantesque et extravagant que Néron s'est construit sur les ruines de Rome. Mais les hommes de la fin du XIVe siècle l'ignorent. Pour eux ce n'est qu'une « grotte » et ils vont, en imitant ces formes, couvrir des murs et des plafonds dans le style a grottesca. Signorelli, parmi les premiers, introduit ces fantaisies dans les interstices de son très sérieux chef d'œuvre, le Jugement dernier d'Orvieto.
Raphaël et Giovanni da Udine en décorent les Loges du Vatican, pour le plaisir personnel du Pape. Les céramistes italiens les imitent dans des décors a raffaellesche que l'on trouve encore aujourd'hui à tous les coins de rue de Florence et de Sienne.
Où peut-on voir des grotesques en France ? Un peu partout. À Fontainebleau, où les rois du XVIe siècle ont ramené d'Italie, avec quelques-uns des plus grands artistes du pays, la nouveauté grotesque. Au château de Chantilly, qui en a orné des pièces entières, dont un extraordinaire cabinet de singes. Au Louvre, où on expose un carrelage et un vitrail grotesques. L'art des grotesques, art mineur qui attire peu l'attention, s'est développé tranquillement sur les murs et les plafonds français. Vers 1700, Jean Berain en a proposé une variante fameuse qui s'est largement diffusée sous son nom, depuis les palais royaux jusqu'aux assiettes de faïence.
En fait les grotesques sont partout. Il faut juste lever les yeux lorsqu'on visite un bâtiment ancien. Il faut penser à regarder, dans les palais, non seulement les tableaux décrits dans les guides mais aussi tout ce qui ne porte pas de notice d'explication. Les grotesques ne s'expliquent pas, c'est leur raison d'être (Thierry Bézecourt, 2006).


Alessandra Zamperini, Les Grotesques, Paris: Citadelles et Mazenod, 2007. Grotesque comme grottes, grotesque comme monstrueux, grotesque comme caprice, le mot eut évidemment plus d’un sens et d’un emploi au cours des siècles. Il partage en effet avec la peinture qu’il désigne une hybridité qui, de tout temps, fut un objet de délectation et de débat, de plaisir et de résistance. Outre qu’elle violente dès l’Antiquité la conception d’une image arrimée au raisonnable et à la vraisemblance, la pratique des grotesques abolit ou trouble d’emblée la frontière entre vocation décorative et fonction hiéroglyphique, forme gratuite et symbole chiffré. Sa nature profonde est de combiner plus que de séparer, d’étonner plus que de conforter, d’appuyer ses métamorphoses sur les libertés qu’offrent ensemble la littérature, les sciences de la nature ou la culture du paradoxe. Généralement, les ouvrages consacrés au sujet s’attardent sur la peinture romaine et son réveil au XVe siècle. Et en dehors des brillants essais d’André Chastel et de Philippe Morel, qui ont réintégré les grotesques parmi les codes de la Renaissance, l’édition française était plus que pauvre en ouvrages de synthèse. Le beau livre d’Alessandra Zamperini, beau à tous égards, décrit une évolution de près de deux mille ans, puisque Toulouse-Lautrec en clôt l’analyse sur une jolie pirouette.
L’auteur revient d’emblée sur l’hostilité que suscita cette peinture, faussement délirante, sous Auguste. Souvent cités et glosés, les textes de Vitruve et d’Horace en disent long sur le rapport ambivalent que l’époque entretient avec cet art de la fantaisie, qui contreviendrait à la mimesis. Le De architectura du premier est d’ailleurs plus catégorique que l’Art poétique du second dans le rejet d’un goût aussi dépravé que répandu. Comme le remarque avec ironie l’auteur, les résidences princières accueillent largement ces grotesques condamnés ailleurs au nom de la saine et sainte beauté. Il faut donc se méfier des lectures (Paul Zanker) qui attribuent ce rejet théorique des grotesques à la politique de rénovation morale et culturelle qu’aurait entreprise Auguste à la fin des guerres civiles. Mieux vaut sans doute relier le succès des figures de fantaisie aux premières phrases des Métamorphoses d’Ovide, un texte quasi contemporain, pour comprendre l’emprise d’une peinture que l’écrivain compare à l’audace involontaire des songes.
Alessandra Zamperini passe en revue, à la suite, les principaux décors conservés, non sans accorder une place centrale à la Domus Aurea. L’usage combiné de stucs et de peintures, le vocabulaire à la fois fantastique et naturaliste, le décor à fond blanc, différent des modèles de Pompéi, tous ces principes allaient guider, après 1480 et la redécouverte du palais de Néron, les peintres soucieux de se réapproprier la peinture antique. Mais l’auteur prend le temps d’examiner la période intermédiaire, ce fameux Moyen Âge, qu’on continue souvent à regarder comme une parenthèse obscure. Or les grotesques n’y font pas que survivre, elles se transforment, tirent l’ornement des manuscrits vers le burlesque, le bestial, l’oriental, l’érotique aussi. A cet égard, une réserve et une question : pourquoi l’iconographie d’Alessandra Zamperini a-t-elle opéré si chastement quand on sait la fréquence des motifs scabreux et lubriques auxquels ont recours les artistes médiévaux ? C’eût été pourtant une bonne manière de souligner la nature équivoque du genre et de s’interroger sur leur présence au cœur du message chrétien : l’édification chrétienne par la représentation de créatures irréelles et de figures diaboliques s’accompagne d’éléments plus ambigus quant aux vertus que les manuscrits enluminés sont censés exalter.
Philippe Morel (1997) a bien montré que les grotesques de la Renaissance ne procèdent pas d’une simple exhumation, en tous sens, de l’héritage romain. Les mutations du Moyen Âge, du monstrueux au lubrique, se prolongent aux XVe et XVIe siècles et enrichissent le débat sur la bonne et la mauvaise licence. Alessandra Zamperini s’attarde non moins sur cette continuité polémique et sur les artistes qui se firent les agents les plus zélés du goût antique. La remise au jour de la Domus Aurea produit ses premiers effets conséquents chez Pinturicchio. En témoignent sa production romaine à Santa Maria del Popolo et cette manière d’art total que réalise, à Sienne, la décoration saturée de la Libreria Piccolomini. Aucun visiteur ne peut y pénétrer aujourd’hui sans être saisi par les références néroniennes. Très vite la fusion entre répertoire antique et fantastique médiéval va essaimer à travers l’Italie et l’Europe entière. Il serait trop long d’y insister autant que le livre s’y emploie de façon très ouverte. La séduction d’une telle peinture était si forte qu’elle ne connaissait ni frontière ni obstacle. On peut même dire qu’elle survécut à la condamnation du maniérisme, largement entamée au temps de la Contre-Réforme, et aux révisions académique et baroque du siècle suivant.
Chassée du cœur de l’image publique, la fantaisie métamorphique se réfugie à ses marges et reste très présente par conséquent dans le décor privé, s’apaisant d’abord, puis retrouvant une verve ornementale et symbolique durant le premier XVIIIe siècle (Alain Mérot l’a bien montré). Sous l’impulsion durable d’un Jean Berain, dont le succès rappelle que le temps de Louis XIV ne fut pas que perruque et cuistrerie, l’époque Régence et Louis XV bénéficie de l’heureuse conjonction entre une réforme profonde des usages décoratifs et l’activité de grands artistes, Watteau comme Jean-Baptiste Oudry. Les récentes acquisitions des musées de Valenciennes et du Louvre sont mises à profit par Alessandra Zamperini, ne craignant plus ici d’évoquer les clefs de la symbolique amoureuse à propos des singes et autre cornemuses rococo. On la suivra moins dans sa présentation du retour à l’antique, celui des années 1760-1800, comme d’une cure d’austérité après l’âge des galanteries plus ou moins salées. Il est temps en effet d’en finir avec cette vision convenue de l’Angleterre de Robert Adam ou du Paris de David, Percier et Fontaine.
En revanche, l’auteur insiste avec raison sur la faveur dont bénéficie alors les décors de grotesques laissés par Raphaël et son cercle. Les Loges du Vatican sont ainsi copiées, tout ou partie, jusque dans les palais de Catherine II. Les pages un peu rapides sur le XIXe siècle ne sont pas dénuées de pertinence cependant. Elles montrent l’évanouissement progressif d’un modèle, en dehors des expériences de survie archéologique, qui furent plus nombreuses qu’on ne le croit. Toutefois la modernité, détachée des nécessités de la décoration murale pour l’essentiel, s’écarte de la fantaisie des Anciens. Sans doute y aurait-il profit à mieux examiner ce qu’un certain romantisme, celui des illustrateurs comme Célestin Nanteuil ou des dessinateurs marginaux comme Hugo, puis maints acteurs du symbolisme, ont retenu de cette leçon de folie très contrôlée. Quant aux arts du XXe siècle, c’est une autre histoire, le et la grotesque se mêlant si aisément (La Tribune de l'Art).


Percorsi iconografici
Quarto stile pompeiano
Francisco de Hollanda, La volta dorata della Domus Aurea, incisione, sec. XVI
Pinturicchio, Libreria Piccolomini, Duomo, Siena
Pinturicchio e aiuti, Soffitto, già nel Palazzo del Magnifico di Siena, New York, Metropolitan Museum
Raffaello, Stufetta del cardinal Bibbiena, 1516, Palazzo Apostolico, Città del Vaticano
Raffaello, Loggetta del cardinal Bibbiena, 1519, Palazzo Apostolico, Città del Vaticano
Logge di Raffaello, 1518-19, Palazzo Apostolico, Città del Vaticano
Perino del Vaga e Domenico Zaga, Gli amori di Apollo, sezione circolare della volta, 1547-48, affresco, Sala di Apollo, Castel Sant'Angelo, Roma
Domenico Zaga, Apollo e Dafne, 1547-48, affresco, volta, Sala di Apollo, Castel Sant'Angelo, Roma


Bibliografia
Acidini, Luchinat Cristina. "La Grottesca," Storia dell'arte italiana, parte III, v.IV. Forme e modelli, Torino Einaudi, 198:159-200
Dacos, Nicole. La découverte de la Domus Aurea et la formation des grotesques à la Renaissance, London, 1969.
Morel, Philippe. "Il funzionamento simbolico e la critica nella seconda metà del Cinquecento," Roma e l'antico nell'arte e nella cultura del Cinquecento, Roma: Istituto della Enciclopedia Treccani, 1985: 149-178.
Schulz, Jurgen. "Pinturicchio and the Revival of the Antiquity," Journal of the Courtauld and Warburg Institute, 25, 1962, 35-55.




For educational use only.

Creative Commons License
Grotteschi (Grotesques, digital montage of images) by Mariano Akerman is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 3.0 Unported License. Based on a work at 3.bp.blogspot.com

9 comments:

DebCo from Spring Hill said...

Beautiful. Very enriching. Thank you so much.

Nelly Conte said...

Exquisitas decoraciones. Altri tempi! Bacchio, Nelly

Jorge Bozzano said...

Está muy buena la lámina de ornamentos grutescos.

Libertad Vigo said...

Me parece divino. La composición es exquisita, bien balanceada, y sin competencias negativas entre las imágenes. Muy educativo y seductor.

Jenny Naseem said...

My warmest thanks. So enjoyable. Lovely design.
Thank you so much!

Adriana Morabito said...

Absolument magnifique.

Maya Woscoff said...

Majestuoso, la perfección en las líneas, el trazo y el color.

Antiochus said...

Merci pour ce très bel article et pour le lien vers mon blog ...
Je vais explorer plus avant votre site qui semble bien intéressant !
Cordialement,
Antiochus

Anonimo Italico said...

Geniale!

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